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i testimoni di ugo guarino

Scriveva Psichiatria Democratica nel manifesto di presentazione de I testimoni di Ugo Guarino, fotografati da Gian Butturini: “Sette grandi sculture contro i manicomi-lager sono state ideate e realizzate da Ugo Guarino dentro l’ospedale psichiatrico aperto di trieste utilizzando vecchi mobili e infissi dell’istituzione manicomiale in via di smantellamento; decrepiti legni d’uso quotidiano scrostati, macchiati e impregnati di urine, feci e sudore, miseri oggetti consunti che rimangono oggi quali muti fantasmi ad accusare, a testimoniare, a documentare la non-vita degli internati nel vecchio manicomio e a ricordare le infinite sofferenze e le atroci disperazioni di uomini e donne senza volto distrutti dalla segregazione, trasformati essi stessi in oggetti dalle istituzioni repressive”.

verso la linea dell’orizzonte

Oltre il rifiuto della negazione, la sfida triestina fu quella di “prevenire la prevenzione” e “riabilitare la riabilitazione”, ovvero cercare di costruire processi concreti e reali di sperimentazione della vita, della bellezza, dell’attività umana gioiosa. Come scrive Maurizio Costantino a proposito del Progetto Zig Zag, per il recupero di un veliero ad uso dei centri di salute mentale territorioali, “la riabilitazione ci appare sempre meno legata ad un luogo, specificamente terapeutico, e sempre di più una pratica di intelligenza del reale. Non un apprendimento – o comunque non solo un apprendimento di mansioni professionali e di regole sociali, apprendimento che sarebbe misura dell’adattamento. Piuttosto un apprendimento all’uso delle libertà. Joseph Conrad, che non era “psi”, ma pare se ne intendesse di uomini, dei rapporti tra di loro e con la natura, disse: “A stretto rigore, il problema non è come farsi curare, ma come vivere”. Immagini tratte dal fondo Oltre Il Giardino.

un consorzio per l’impresa sociale

Si tratta dunque di costruire una impresa sociale, di definrne un manifesto: “Rompere, nella produzione intelligente e nella ricerca delle cose belle, la rigida separazione tra mercato e assenza d’opera assistita. Frammento operativo di una più generale impresa sociale. Editoria, quindi barca a vela, borseria, teleria, pulizia, edilizia, legatoria, ristorante, bar, Santo Domingo Hotel progetto, foto, grafica, design, falegnameria, centro video, radiolibera, verde, biodinamica, negozio frutta, bigiotteria, teatro, laboratorio di musica, bici, mense, trasporto, informatica, arte visiva, danza, estetista. Se qualcosa ci salverà sarà l’intelligenza o niente altro. Del contributo d’intelligenza altrui e dell’altrui imprenditorialità c’è qui la richiesta viva e pressante: espressamente, qui, senza reticenze, questo si domanda”. Immagini e testi tratti dal catalogo per “L”impresa Sociale”  curato da Progetto Zip e Cooperativa Sociale La Collina.

habitat sociale, alla ricerca della bellezza

Allo stesso modo si tratta di immergersi negli habitat sociali, come luoghi di contraddizioni e possibilità, alla ricerca della bellezza: “Questa struttura esile e leggera, in grado di collegarci ai livelli qualitativi più alti, ma a partire dal nostro specifico con tutto un mondo esterno, non è stata rinforzata, saldata, sostenuta e rischia di restare ricordo parlato. Affabulazione per visitors. Bisogna decidere se e come andare avanti, se dare respiro e risorse, se investirci e rischiarci, liberando potenzialità esistenti ma represse, o scegliere l’imbalsamazione, i piccoli passi eterni, enfatizzati, gloriosi. Non è più possibile portare avanti la proposta dell’habitat senza crearne le basi materiali, senza decidere chi siamo noi che la portiamo avanti, strani volontari, consulenti eccezionalmente gratuiti, responsabili irresponsabili” (Antonio Villas). Immagini di Massimo Gardone e Antonio Villas.

il parco della meraviglia

Il parco culturale di San Giovanni sorge tra i padiglioni ristrutturati e abbandonati del vecchio manicomio. Tra le facoltà dell’Università di Trieste e il Dipartimento di Salute Mentale, si nascondono paesaggi artistici e imprese di cooperazione sociale. Il giardino di San Giovanni, curato dalla Cooperativa Agricola Monte San Pantaleone, ospita uno dei roseti più importanti d’Europa con cinquemila differenti rose, segni concreti della meraviglia che mantiene viva la memoria terribile della violenza istituzionale. Il parco è un simbolo, di cura e diversità, e allo stesso tempo un luogo materiale di benessere. Un benessere affermato ogni giorno, tenendo insieme culture e generazioni della città, in quello che fu una volta il manicomio, e per affermare un tentativo comune per continuare a trasformare il reale. Immagini tratte dal fondo Oltre il Giardino, di Massimo Gardone e della Cooperativa Agricola Monte San Pantaleone.